Religioso silenzio ed entusiasmo per Deve-Bartolo-Tribuzio-Lanotte Jazz 4et

Religioso silenzio ed entusiasmo per Deve-Bartolo-Tribuzio-Lanotte Jazz 4et

Fare tesoro dei preziosi e imprescindibili insegnamenti appresi dalla tradizione afroamericana per poi sfociare gradualmente e ardimentosamente nella contemporaneità jazzistica con la massima libertà espressiva. Questo è stato il manifesto del concerto targato DeveBartoloTribuzioLanotte Jazz 4et al Bar dell’Angolo di Manduria del titolare Carmelo Massafra. Il quartetto costituito da Simone Deve (pianoforte e tastiere), Livio Bartolo (chitarra), Pierfranco Tribuzio (contrabbasso) e Gianni Lanotte (batteria) ha proposto un repertorio di proprie composizioni originali che spaziano dal modern mainstream al post-bop, dal free all’avant-garde jazz, ad esclusione di Softly as in a morning sunrise (Sigmund RombergOscar Hammerstein II), unico standard presente in repertorio. Di primo acchito colpisce un’idea di sound ben strutturata, imperlata da una cura rimarchevole della dinamica. Tutti i brani sono risultati particolarmente interessanti specialmente sotto l’aspetto armonico. Deve ha snocciolato un pianismo ricco, spigliato, ingemmato da sprazzi di out playing. L’incedere di Bartolo è stato intenso, colmo di inflessioni bluesy, sonorità taglienti e godibili progressioni cromatiche, suggellato da un trasporto emotivo magnetico. Tribuzio ha sempre interagito intelligentemente con i suoi sodali in modo vibrante. Lanotte ha costantemente spostato gli accenti durante il comping, cesellando un costrutto ritmico tensivo, policromatico e stimolante. In Softly as in a morning sunrise vi è stata l’incursione del trombettista Giuseppe Mazza (nonché direttore artistico del Bar dell’Angolo), che ha sprintato cromaticamente adornando il suo discorso improvvisativo con un suono scuro e caldo. Simone Deve, Livio Bartolo, Pierfranco Tribuzio e Gianni Lanotte, quattro intraprendenti musicisti della nuova generazione ancora un po’ acerbi, ma solo ed esclusivamente per una ragione meramente di carattere anagrafico, rappresentano l’icona di un futuro roseo per il jazz pugliese. Talenti predestinati che, accumulando tanta esperienza negli anni a venire, saranno irrefutabilmente in grado di guadagnarsi un posto di rilievo nella scena jazzistica.

Stefano Dentice

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