Recensione “Some Place Called Where” di Marilena Paradisi & Kirk Lightsey

Recensione “Some Place Called Where” di Marilena Paradisi & Kirk Lightsey

Marilena Paradisi & Kirk Lightsey

Etichetta discografica: Losen Records

Anno produzione: 2017

Un dialogo simbiotico, denso di feeling e pathos, ornato da un’atmosfera placida e da un mood onirico che infondono un senso di pace interiore. Some Place Called Where è la nuova realizzazione discografica firmata da Marilena Paradisi (voce) e Kirk Lightsey (pianoforte, flauto in Fresh Air). Degli otto brani che costituiscono la tracklist, solo Fresh Air è una composizione originale sgorgata dall’acume creativo della cantante (autrice del testo) e del pianista. Portrait (Charles Mingus), Some Other Time (Leonard Bernstein – Adolph GreenBetty Comden), Like a Lover (Dori CaymmiNelson MottaAlan BergmanMarilyn Bergman), Soul Eyes (Mal Waldron), Little Waltz (Ron Carter), Some Place Called Where, sesta traccia del CD (Wayne ShorterDianne ReevesRobert Cummings) e Autumn Nocturne (Josef MyrowKim Gannon) completano la playlist. In Portrait la vocalist cesella un’interpretazione magnetica, tessendo un gioco di dinamiche particolarmente raffinato, attraverso un timbro vellutato e un’emissione lodevole, sostenuta dal leggiadro manto armonico architettato da Lightsey. La versione di Soul Eyes esalta l’ottima padronanza del registro medio-grave di Marilena Paradisi, impreziosita da un suono profondo e riscaldante che tocca le corde emozionali. Il climax di Fresh Air è celestiale. Qui la cantante mette in luce le sue sfumature timbriche e i colori della sua voce. Some Place Called Where è un disco in orbita modern jazz totalmente e volutamente scevro di virtuosismi esasperati e, sovente, decisamente tediosi, in cui la suspense emotiva, la finezza comunicativa e la ricerca di un suono ammantante e pervasivo rappresentano la reale cifra distintiva dell’intero album.

Stefano Dentice

 

 

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