Recensione “Ravens Like Desks” di Stefano Carbonelli

Recensione “Ravens Like Desks” di Stefano Carbonelli

Stefano Carbonelli

Etichetta discografica: Auand Records

Anno produzione: 2016

Una padronanza tecnica considerevole ben intersecata con un’interessante ricerca armonica e ritmica che non sfocia mai nel prosaico né nella stucchevolezza. Ravens Like Desks è la nuova fatica discografica realizzata dall’intraprendente chitarrista e compositore Stefano Carbonelli. Daniele Tittarelli (sax alto), Matteo Bortone (contrabbasso) e Riccardo Gambatesa (batteria) sono i tre appassionati compagni di viaggio scelti dal leader, che autografa i dieci brani presenti nella tracklist. L’ammaliante Ravens Like Desks, prima traccia del CD, crea un certo stato di tensione. L’eloquio intessuto da Carbonelli è cerebrale, colmo di preziosismi armonici e arricchito da un suono pungente, sostenuto dal costrutto ritmico policromo e stimolante architettato da Gambatesa. Watercolour Light è una composizione immersa in un climax velatamente crepuscolare. Bortone dà vita a un sermone improvvisativo ispirato, nel quale si lascia guidare da un apollineo spirito narrativo. Il playing del chitarrista è pacato, cantabile, intensamente comunicativo. Lo swingante e vibrante Stop Kickin’ That Dodo mette l’argento vivo addosso. L’incedere di Tittarelli è particolarmente raffinato, adornato da ammiccanti inflessioni boppistiche e cenni di growl. Carbonelli costruisce un’elocuzione torrenziale, nitida, altamente efficace. Di chiara impronta contemporary jazz, Ravens Like Desks è un album variopinto dal quale spicca un sound energico, ma soprattutto un erudito interplay che conquista all’istante. Nel disco si alternano intelligentemente brani complessi e spigolosi ad altri dal mood molto più distensivo.

Stefano Dentice

 

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